La tradizione dei tortellini o cappelletti nell’Emilia-Romagna che forse più di ogni altra regione in Italia, è la regina della pasta fresca ripiena tirata col mattarello dalle sapienti mani delle sfogline, ha sviluppato rivalità fra le più leggendarie della storia della gastronomia italiana.
La diatriba che da sempre coinvolge il pubblico e gli chef all’interno delle cucine sia emiliane che romagnole, (e che non terminerà mai) è la seguente:
- tortellini o cappelletti?
- ancora, tortellini o cappelletti un viaggio nel gusto di una secolare tradizione che puoi assaggiare anche in camper quale scegliere e cucinare?
- qual’è la differenza tra loro e cosa hanno invece in comune?
- e non ultimo, qual’è il più buono?
Proviamo a fare chiarezza fra questi prodotti e poi alla fine vi diremo la nostra opinione: cominciamo con il dire che sono primi piatti in brodo e che è pasta sfoglia è ripiena. Ma se il brodo li accomuna, le differenze sono tante. Vediamole insieme:
Tortellino

Sicuramente la disputa più famosa è quella dell’origine: se sia modenese o bolognese.
Una diatriba secolare che terminò (se cosi possiamo dire) nel 1800 quando il poeta Giuseppe Ceri narrò che l’origine del tortellino si deve a Castelfranco Emilia e ad un evento accaduto in una nota locanda locale e all’estro del suo cuoco. Un evento che come spesso accade è un misto tra storia e leggenda.
Nella versione emiliana i tortellini sono piccolissimi, vanno cotti in brodo. Pensa che si usa chiuderli attorno al mignolo, tanto per far capire la grandezza; e la loro forma si narra che si ispira all’ombelico di Venere. Alcuni scelgono di condirli in asciutto con la panna, che va scremata totalmente per evitare di mortificare i tortellini.
Tortellino a Bologna
La Dotta Confraternita del Tortellino nel 1974 ha depositato alla Camera di Commercio di Bologna la ricetta con le caratteristiche tipiche del Classico Tortellino di Bologna: riquadri di pasta sfoglia di circa 4 – 4,5 cm dove va posto il ripieno e poi chiusi nella forma classica e devono stare perfettamente in un cucchiaino.
Il loro ripieno è composto di carne, generalmente lombo di maiale, mortadella, parmigiano 24 mesi (se non 30 o 36), uova, prosciutto crudo e noce moscata. Il lombo è lasciato riposare almeno 2 giorni con il battuto di sale, pepe, aglio e rosmarino, cotto a fuoco lento per ore, con un po’ di burro e un battuto di verdure. Dopo la cottura va tolto dal tegame e ripulito del battuto. La carne viene tritata con mortadella e prosciutto poi si unisce ai rimanenti ingredienti. Si mescola e si fa riposare tutto per almeno 24 ore.
Si prepara la sfoglia sottile, si dice debba essere al limite del trasparente e si piega a triangolo con i bordi del riquadro e attorno al dito, si stringono i lembi.
La tradizione vuole che ne debbano stare 7 in un cucchiaio. Pensa quanto devono essere piccoli!
Vanno poi cotti in un brodo tassativamente di manzo e gallina, serviti nel piatto e gustati bollenti con una buona spolverata di Parmigiano.
Se invece li vuoi fare asciutti, li cuoci comunque nel brodo ( e non nell’acqua ) li scoli, e li condisci con appena un po’ di panna scremata dove eventualmente aggiungere del Prosciutto Crudo di almeno 24 mesi a listarelle fatto appassire. (Almeno noi li abbiamo anche assaggiati in questo modo durante un tour)
I tortellini a Modena
La versione modenese prevede un ripieno fatto di lonza di maiale, prosciutto crudo di Modena, mortadella Parmigiano Reggiano di 24 mesi, noce moscata e pepe.
Si fa saltare in padella la lonza a pezzi per qualche minuto, e poi con tutti gli ingredienti va tritata finemente per creare il ripieno della pasta sfoglia sottile che va poi chiuso nella sua classica forma.
Cappelletto

E’ tipico romagnolo, è appena più grande del tortellino e appena più arrotondato nella forma. Il ripieno è composto da un mix di formaggi fra cui il raviggiolo e il Parmigiano Reggiano, insaporiti con noce moscata. Anche la sfoglia e leggermente diversa dal tortellino: più sottile la seconda quasi trasparente, la prima è più spessa per contenere più ripieno.
Raccontiamo anche la curiosità del nome: si chiama così per la forma a cappello. Pare infatti che ci si sia ispirati ai cappelli indossati dagli uomini durante il medioevo. La tesa del cappelletto, infatti, è più abbondante di quella del tortellino.
Proposti anche loro con il brodo anche se non si disdegna un ragù di carne aggiungendo una bella spolverata di Parmigiano.
La procedura per farli è sempre la stessa, il ripieno fatto di formaggi ma poca carne, messa all’interno della sfoglia, crea questo cappelletto, che cotto crea un piatto delizioso.
Ma c’è anche l’Anolino di Parma

In questo viaggio nel gusto di una secolare tradizione tra tortellini o cappelletti, che puoi assaggiare anche in camper ti portiamo a Parma, dove la tradizione prevede una pasta sfoglia ripiena dalla forma tondeggiante.
Curiosità
In città chiamano comunemente l’anolino “galleggiante” per la via della natura del brodo di cappone dove galleggia oppure “salvagente” per quella sua capacità di mettere tutti di buonumore a tavola.
La sua storia è molto antica, se ne trovano tracce già dal XII secolo. Ma è nel 1500 che viene proposto nei pranzi dei nobili delle festività e che viene pubblicata la prima ricetta dell’anolino.
Il ripieno che segue una tradizione molto precisa, è fatto dal sugo ricavato da uno stracotto di carne di manzo, vitello o maiale (oppure di asinina) che va cotto per almeno 6 ore e oltre, con un battuto di verdure. Il sugo che se ne ricava dalla lenta e lunga cottura viene utilizzato per bagnare: pane, Parmigiano Reggiano di almeno 24 o 30 mesi, noce moscata e uova.
Esiste un’alternativa, detta di magro, e si prepara con Parmigiano Stravecchio e pane bagnati dal brodo di carne, a cui si aggiunge la noce moscata e l’uovo. In entrambi i casi il ripieno ottenuto va fatto riposare almeno un giorno.
Si fa una sfoglia sottile, su cui si appoggiano tante piccole palline di ripieno, si chiude su se stessa la sfoglia come un “coperchio” e si attaccano bene i lembi.
Con un attrezzo appositamente tondo, uno stampino di legno e acciaio, si da la forma di circa 3 cm e si creano gli anolini.
Si mangiano in un un brodo di manzo e cappone, con il Parmigiano sparso a neve e quasi mai in altri modi.
Anvëin o anolini piacentini

Sono una tipologia di pasta ripiena originaria della provincia di Piacenza, tramandata dalle famiglie, molto simile a quella parmigiana.
Gli ingredienti del ripieno sono lo stracotto di manzo con le verdurine, pane grattugiato, uova, formaggio grattugiato.
La sfoglia anche in questo caso è sottile e l’anolino che si ottiene però è più piccolo e ha la frangia. Infatti la sfoglia viene tagliata volutamente con lo stampo dentellato.
Si mettono a cuocere nel tradizionale brodo di terza e serviti con formaggio grattugiato e noce moscata, oppure si possono servire asciutti conditi con il sugo dello stracotto ed un’abbondante nevicata di Parmigiano Reggiano.
Anche in alcune zone piacentine come nel parmense si trova la versione che vuole il ripieno fatto con pane e formaggio bagnati con brodo di cappone: un misto di Grana Padano e Parmigiano Reggiano per il piacentino e solo Parmigiano Reggiano di due stagionature per il parmense.
E a proposito di questi due formaggi che condiscono molti primi piatti italiani, ecco un articolo che potrebbe aiutarti a far chiarezza sulle loro differenze
Parmigiano Reggiano o Grana Padano: ecco le differenze
Curiosità
Il brodo nel quale vengono fatti cuocere gli anvéin è detto di terza, e la sua particolarità sta nel fatto che è composto da: biancostato, costina di maiale, osso con midollo e cappone o gallina ripiena. Come nella vicina Parma anche a Piacenza in ogni piatto sono previsti 20 anvéin, ma si sa che il bis come sempre è assicurato.
La nostra opinione
Pensando alla tradizione del tortellini o cappelletti, ci viene in mente che oltre alle ricette ufficiali, scritte nei ricettari storici o depositate alle Camere di Commercio locali, ogni famiglia segue una propria tradizione, che tramanda quel pizzico di noce moscata in più o quel tocco di vino rosso o bianco nello stracotto o nella cottura del lombo.
Perché si sa che ogni casa racchiude quel segreto che fa della medesima ricetta un piatto dal gusto personale che rimane parte della famiglia.
Pensa che in alcune zone dell’Emilia e della Lombardia ad esempio era tradizione finire gli ultimi anolini o marubini cremonesi in brodo nel “sorbir” e di certo questo è un sapore non adatto a tutti i palati!
Perciò che si chiamino tortellini o cappelletti, anolini o in altro modo, riteniamo che i gusti di ognuno debbano essere sempre rispettati e ad ogni persona lasciamo il proprio giudizio personale.
E poiché il ripieno è spesso diverso da comune a provincia e il piatto si serve o in brodo o asciutto, è chiaro come il piacere del gusto sia davvero molto soggettivo.
Chi ama la tradizione come noi, non può però dimenticare le ricette scritte o a voce e i ricordi delle nostre mamme e nonne con cui si preparavano, molto spesso a ridosso di Natale o Pasqua, o ancora meglio per le grandi occasioni.
Sono per noi ricordi piacevoli, di ore trascorse compagnia, che rimandano a segreti e astuzie culinarie.
Per i giudizi importanti, lasciamo la parola a cuochi e chef che sicuramente hanno molto da dire. Noi ti abbiamo parlato di un piatto che è nella nostra tradizione, di cui non potevamo non parlarti.
Concludendo
E in camper? Beh se non vuoi cimentarti direttamente nella ricetta dei tortellini o cappelletti, puoi viaggiare in questa tradizione del gusto semplicemente acquistandoli assieme al brodo in qualche gastronomia locale e conservarli nel frigorifero del tuo camper.
Non dovrai far altro che scaldare il brodo e appena questo prende bollore, tuffare i tuoi tortellini o cappelletti e gustarli ben cotti con una buona spolverata di Parmigiano Reggiano.
L’alternativa, molto valida è quella di organizzarti un weekend in Emilia-Romagna e visitare di persona quei ristorante o luoghi legati alla tradizione che propongono feste e menù con tortellini o cappelletti. E sul nostro sito trovi diversi consigli in merito; tu vieni a dare una sbirciatina ed organizza il tuo fine settimana in camper.
Non ci rimane altro che dirti: buon appetito!